Purtroppo chiamare le cose con il loto vero nome non
è una caratteristica comune a molti, o quasi tutti, i giornalisti che vediamo e
ascoltiamo più frequentemente.
In questi giorni, ad esempio, sempre più spesso ed insistentemente
sentiamo pronunciare il termine “default” a proposito della crisi economica statunitense,
ma pochi percepiscono fino in fondo il vero significato del termine. Probabilmente
in gergo finanziario l’espressione rende il senso, ma alle orecchie degli ascoltatori è bene che non si arrivi
mai a proferire la parola “fallimento” per indicare la situazione in cui versa
il sistema capitalistico mondiale.
Il termine fallimento andava bene, e va bene, quando
si doveva parlare dei sistemi “comunisti”
dell’est europeo, di Cuba e via dicendo, ma quando c’è di mezzo il capitale, il
mercato ed i loro simulacri è bene non far capire davanti a quale tipo di crisi
economica e di sistema ci troviamo.
E’ una crisi che mette a rischio anzi ridicolizza
tutte le chiacchiere che vengono dette e
scritte a proposito dei sistemi “democratici “
fondati sul consenso popolare; stiamo sperimentando sulla nostra pelle
anche dalle nostre parti quanto “volute dal popolo” siano le scelte economiche e
di programma del nostro governo, ormai privo di qualsiasi credibilità, e quanto
invece siano scelte imposte dalla finanza internazionale ai danni, sempre e
comunque, del popolo che lavora.
Anche negli Usa, patria della democrazia, lo scenario, anche se meno
grottesco del nostro, non cambia. Le fiumare di parole che accolsero l’elezione
di Obama si sono perse nei rivoli e nei meandri del vero potere che determina
la politica americana. A decidere chi pagherà per la crisi, come e quanto, non
saranno i cittadini statunitensi, ma i veri elettori del primo presidente di colore della storia
USA , cioè le lobbies che lo hanno portato alla Casa Bianca e che stanno
cercando di imporre anche da quelle parti le scelte antipopolari che stiamo
sperimentando in Europa.
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Obama
| inviato da
Enzo49 il 31/7/2011 alle 17:3 | |