
Problema
non secondario per il mondo occidentale in questo momento storico è quello di
evitare quanto più possibile l’invasione da parte di milioni di profughi delle
nostre coste e del nostro territorio. Sicuramente nei paesi oggi a rischio, come Egitto, Tunisia, Libia ed altri che se ne
potrebbero aggiungere, il modo per garantirsi
la continuità della gestione delle risorse è tutelato dalla possibilità
di intervenire militarmente (il premio Nobel per la pace a Obama non assicura
più di tanto), ma il pericolo di vedersi arrivare in casa propria centinaia di
migliaia di “extracomunitari” non fa fare sogni tranquilli a molti. E a
diffondere lo spauracchio non sono solo i soliti fanatici intolleranti della
Lega, ma anche dalle nostre parti al sud, ed in ambienti di sinistra, si sente
la solita cantilena sulla necessità di tenere alla larga chi è diverso da noi
per religione, stato, abitudini e tradizioni.
Chissà
perché! Chissà perché è obbligatorio vivere sempre in compartimenti stagno ed
ognuno con il proprio modo di fare. Quando poi , se guardiamo bene come sono
sempre andate le cose nel corso dei secoli, la storia ci ha insegnato che le
vicende umane sono state sempre caratterizzate, oltre che dalle lotte tra
classi sociali, anche dalle continue migrazioni e spostamenti di popoli tesi e
finalizzati alla creazione di nuove comunità e di moderne realtà.
Oltre
alle migrazioni epocali dei periodi preistorici, documentate da ritrovamenti
archeologici, uno dei più importanti flussi migratori della storia fu il
fenomeno delle “invasioni barbariche”
che segnarono l’inizio della fine dell’impero romano. Avvenimenti che gli storici più attenti e onesti ritengono normali migrazioni da
territorio a territorio per necessità di
sopravvivenza e non invasioni di gente senza scrupoli con l’unico intento di
demolire quanto la civiltà classica aveva saputo costruire.
Ma,
incuranti delle verità storiche, alcuni le considerano ancora come una prevaricazione di “barbari” nei confronti
della “civiltà”. Metro di paragone che non è usato per valutare qualitativamente quelle che furono
le invasioni coloniali ai danni dei popoli dell’America del nord, dell’America
del sud e di tutte le zone del mondo dove il colonialismo è arrivato a distruggere
popoli, culture e tradizioni.
Un’idea
mi viene in mente: se riteniamo che le migrazioni verso i nostri territori
produrranno tutti gli sconquassi che vengono sbandierati, allora cerchiamo più “isole
dei famosi” negli oceani, per mandare da quelle parti tanti personaggi nostrani
che farebbero spazio per gente che ha più bisogno.
isoladei famosi
Libia
egitto
tunisia
| inviato da
Enzo49 il 6/3/2011 alle 20:14 | |