Non è stata una grande serata per lo spettacolo quella cha ha visto ieri sera l’esibizione di Adriano Celentano al festival di Sanremo. Non voglio censurare il comportamento del noto cantante né la reazione dei benpensanti di turno, ma qualcosa va detta ad onore della (mia) verità .
Partendo dal presupposto che un festival della canzone deve essere un festival della canzone e non un contenitore di tutto e di più (e qui la colpa non è solo di Celentano), mi sembra corretto sfruttare la tribuna dell’Ariston per divagare e criticare su questo e su quello. Celentano ha tutto il diritto di esporre le proprie idee, quali che siano, ma deve munirsi degli spazi e dei luoghi adatti. Se gli vengono concessi, altrimenti la battaglia va fatta su altri terreni e con le più convenienti alleanze.
Detto questo non resta che andare al merito dei problemi esposti dal “molleggiato” che tanto “rivoluzionari” non sono sembrati allo spettatore più attento e sensibile alle problematiche di questi (brutti) tempi. Se apprezzabile e meritevole di elogio è stato il richiamo alla lotta del ferrovieri dei treni notte soppressi da Trenitalia e il conseguente suggerimento a Montezemolo a fare a meno dei treni ad alta velocità, poco credibile è stato il riferimento ai danni provocati dalla Consulta con la bocciatura dei referendum elettorali, senza tener conto di quello che il supremo organo costituzionale ha voluto sottolineare, dando patenti di alta sensibilità democratica a personaggi come Di Pietro, Segni e Parisi. Il popolo non acquisterebbe certamente più “sovranità” con un “si” o con un “no” a dei quesiti molto poco chiari e artificiosi.